EROTICHE TRACCE

Il loro posto preferito, o per essere più esatti il posto preferito da lui, per i  loro incontri amorosi era una radura brulla, e spoglia, pochi alberi  che si stagliavano neri  contro un cielo nero, molti sassi , i sassi del greto del fiume, i sassi  e le scalanature di pietra dei picchi montuosi circostanti.
Un paesaggio essenziale, pieno di ombre dai disegni mostruosi, che sembrava accentuare in modo morboso  i loro gesti affannosi ,  quelli che  lei definiva “i ciechi congiungimenti”.
Anche il grido di lei,al momento della penetrazione, era un grido barbarico, uno stridio di uccello predato , il grido di chi soccombe inerme seguendo le ragioni imperscrutabili del fato.
Lui preferiva frequentare quei posti  perché i paesaggi grigi e pietrificati sembravano in qualche modo potere accompagnare meglio  la sua visione meccanicistica della vita, il sesso visto  e inteso nella sua brutalità animalesca.
Forse, tutto poteva sembrare troppo freddo, perfino respingente,per lei almeno.
Ma, poi, lei ci aveva preso gusto: forse, perché possedeva una mente perversa, ed aveva bisogno di una realtà lucida e penetrante come una lama affilata, come un cazzo eretto e  all’ opera.
La sua mente era talmente perversa, che il suo pensiero si era trasformato in un pensiero monotematico,  addirittura ossessivo:  per ogni dove, dovunque fosse e qualunque cosa facesse, anche la meno importante,la più incolore , ecco che iniziava  quello che lei aveva denominato un processo di “trasfigurazione fallica”, ogni oggetto ogni particolare  con una determinata forma  cilindrica  e con una dura consistenza  acquisiva l’aspetto di un cazzo che aspettasse di adempiere alla cerimonia rituale del dominio e della penetrazione.
Lui  non sapeva, non poteva immaginare fino a quale livello di coinvolgimento mentale , forse un po’ malato, avesse contribuito a far pervenire lei, con il suo fallo in erezione e la sua lingua affilata in zone notturne e sanguinarie, dove sembrava che anche gli uccelli notturni partecipassero ,con occhi malsani e stridii acuti alla preparazione dell’azione perfetta e sussultante della carne che si univa , all’interno o all’esterno  di una macchina nera e potente, quando anche la lamiera si faceva vibrante fino all’incandescenza.
Lei, contorta, tra sé e sé, ripeteva una filastrocca maniacale, che diceva:
-il satiro scaglia, la donna miagola, il gatto grida.
Nella notte furente tutto si fa sesso.
La pietra spasima, la luna occhieggia, il satiro si nasconde.
Il silenzio brulica, il nulla indietreggia-
Lui  era come incitato dal suo stridulo grido all’atto della penetrazione, nell’affanno non percepiva la litania che lei mormorava come in sogno, lui sapeva solo che perfino quelle strano mormorio contribuiva a rendere tutto più elettrico , ribollente, accompagnato com’era dai gemiti degli animali in amore nell’oscurità della notte che li avvolgeva. O almeno, lui era arrivato a pensare che perfino gli animali lì attorno fossero presi da una smania incontrollabile, come se la  vista dei loro corpi  e l’odore di sesso,  odore che si espandeva,  rendesse quel posto un recinto adatto ad animali in calore.
Lei, supina sotto di lui, poteva vedere-  lei non immaginava , lei-  gli occhi fosforescenti  dei gatti in amore, i denti affilati del gatto infilzati nel pelo arricciato del collo della gatta, poteva sentire il miagolio  piangente cosi simile ad un  richiamo ancestrale che venisse da un mondo primitivo,  grido che penetrava nelle sue ossa, proprio come il cazzo del suo amante ,duro e consistente.